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Premio 1992 – Gaetano D’Alesio


Gaetano D’Alesio (1912-1996), ragazzo di banco di una casa di spedizioni, la “Arnao & Pesci”, appreso il mestiere di spedizioniere doganale, a 18 anni e un giorno (come lui stesso amava precisare), già regolarmente patentato, si cercò  un ufficio sugli Scali Cialdini e si mise in proprio. Nel 1940 mostrò fiuto per gli affari e, con l’Italia ormai in guerra e l’attività del porto in calo, iniziò a far costruire pescherecci per poi rivenderli. Finita la guerra decise di riprendere l’attività del nonno e d’inviar per mare, da Livorno, la prima nave tutta sua. Lo “Splendor” era di sole 70 tonnellate, ma da quel modesto natante del 1947 discendono le successive maestose petroliere, perchè Gaetano aveva intuito l’importanza  del petrolio. Un giorno, passando da Genova vide i depositi di carburante arroccati sui monti e decise di trapiantarne l’idea a Livorno a dispetto dei molti che lo definirono matto per voler far concorrenza alla Stanic ma che, col tempo, si dovettero ricredere per l’incremento che il suo deposito costiero produsse sull’attività di armatore.

Negli anni ’60 le navi eran già 6 e nel decennio successivo raddoppiarono, per poi arrivare a 27 agli inizi degli anni ’90. Il colpo grosso, quello che gli darà visibilità livello mondiale, il Commendatore, nel frattempo nominato anche Cavaliere del Lavoro, lo mise a segno nel 1983 quando, pur non sapendo una parola d’inglese, si recò a New York ed acquistò, per alcuni milioni di dollari, il terminal portuale più importante di Livorno (l’attuale Sintermar).

Non si sentiva però soltanto l’armatore nato nel rione di Borgo, cresciuto fra i fischi delle sirene del porto, fra i calci al pallone in Piazza Mazzini e le raffiche del libeccio: livornese verace, e quindi anche uomo di sport, si affiancò ai tifosi del calcio ed a quelli della pallacanestro. La sua Enichem regalò ai livornesi il momento più bello ed indimenticabile quando fu ingiustamente privata dello scudetto nella finale contro Milano.

Nel 1965 aveva chiamato accanto a sè nella conduzione dell’azienda i figli Antonio e Nello (avuti con Franca da Liliana Altiero sposata nel 1937) e fu con loro che, nel 1990, seppe dare all’azienda una sede prestigiosa, nello stesso tempo ridonando vita ad un angolo della Venezia: il Palazzo Stub, nato nel primo ventennio del 1800 come residenza di una famiglia norvegese che commerciava in materiale ligneo per armature navali, acquistato dalla Cassa di Risparmi di Livorno dopo aver ospitato gli Asili Infantili e poi la Scuola di Avviamento Industriale, fu restaurato senza alterarne la struttura originaria.

Nel 1993 il tonnellaggio delle navi della Compagnia, ormai per politica commerciale tesa a diminuire il numero ed aumentare la portata, raggiunse le 650mila tonnellate, operando in tutto il mondo: senza aver mai abbandonato il timone del comando, Gaetano D’Alesio scomparve improvvisamente il 21 novembre del 1996 all’età di 84 anni. Nell’ufficio direzionale di Palazzo Stub campeggia il suo ritratto, opera di Madiai, simbolo dello spirito di uomo forte e generoso proiettato verso il futuro. Con i nomi dei rioni livornesi o delle località care ai labronici, Antignano, Acquaviva, Montenero, Calafuria, Gorgona, Meloria e Capraia, le navi della sua flotta, ormai 14 e tutte modernissime, continuano a solcare i mari del mondo seguite con la sua stessa cura dai 2 figli per i 6 nipoti e gli  11 bisnipoti.

Fondatore del Propeller Club di Livorno, dopo esserne stato socio a Genova, il suo tempo libero lo trascorreva in campagna od a fare la spesa con la moglie. Amico di Italo Piccini, di Raugi e del vescovo Ablondi, aveva incontrato personalmente Giovanni XXIII ed il re di Spagna ed ancora non poteva sapere che Livorno gli avrebbe intestato una strada, ma il giorno prima della morte passò l’intero pomeriggio a legger Livorno ed il suo porto di Mario Baruchello e la mattina non fece in tempo a vestirsi dopo la solita doccia mattutina. Anche la morte, insomma, la sbrigò con la solita pragmaticità con cui aveva vissuto, esattamente nello stesso modo in cui, alla rottura dell’elica di una nave che sembrava costar più del natante per esser riparata, ne trovò una gemella per 1.000 dollari con una semplice telefonata ad un amico canadese.